Archivi fotografici e audiovisivi
Gli archivi fotografici sono composti da immagini, positive e negative, “eseguite da un unico autore o da autori diversi, e spesso anche da attrezzature fotografiche, inventari, registri di contabilità, diari, opuscoli, libri e riviste”. Le fotografie trovano all’interno dell’archivio una loro collocazione “secondo i criteri elaborati dall’«ente-autore» se si tratta dell’archivio di un’istituzione pubblica, dall’autore se appartiene a uno studio professionale, dal collezionista se fa parte di una raccolta privata” (cfr. S. Berselli – L. Gasparini, L’archivio fotografico, Zanichelli, 2000).
Gli archivi audiovisivi cominciano a costituirsi e a formare oggetto di tutela e di valorizzazione a partire dalla fine degli anni Sessanta, allorché storici e intellettuali riconoscono a tutti gli effetti il valore delle immagini fisse e in movimento – nonché dei documentari cinematografici – come fonti per la ricostruzione storica di eventi recenti e cruciali: le due guerre mondiali, la lotta tra fascismo e antifascismo.
Da allora i centri di raccolta e di produzione audiovisiva si sono moltiplicati, in ambito pubblico e privato, soprattutto grazie allo sviluppo di nuove tecnologie leggere e di nuove modalità di creazione e diffusione di audiovisivi.
Non diversamente dagli archivi cartacei e da quelli “misti”, compito primario dell’archivista è quello di ricostruire il criterio originario di ordinamento delle immagini, ricorrendo – se necessario – alla ricerca negli archivi amministrativi e alle fonti orali. Il risultato finale del lavoro archivistico è sempre la redazione di un inventario, che descrive gli elementi minimi di identificazione delle fotografie (autore; titolo, didascalia o dedica; data di esecuzione; tecnica utilizzata; formato), nonché la loro collocazione.
Gli archivi audiovisivi cominciano a costituirsi e a formare oggetto di tutela e di valorizzazione a partire dalla fine degli anni Sessanta, allorché storici e intellettuali riconoscono a tutti gli effetti il valore delle immagini fisse e in movimento – nonché dei documentari cinematografici – come fonti per la ricostruzione storica di eventi recenti e cruciali: le due guerre mondiali, la lotta tra fascismo e antifascismo.
Da allora i centri di raccolta e di produzione audiovisiva si sono moltiplicati, in ambito pubblico e privato, soprattutto grazie allo sviluppo di nuove tecnologie leggere e di nuove modalità di creazione e diffusione di audiovisivi.
Non diversamente dagli archivi cartacei e da quelli “misti”, compito primario dell’archivista è quello di ricostruire il criterio originario di ordinamento delle immagini, ricorrendo – se necessario – alla ricerca negli archivi amministrativi e alle fonti orali. Il risultato finale del lavoro archivistico è sempre la redazione di un inventario, che descrive gli elementi minimi di identificazione delle fotografie (autore; titolo, didascalia o dedica; data di esecuzione; tecnica utilizzata; formato), nonché la loro collocazione.
(Cfr. Letizia Cortini, Archivi audiovisivi in Italia: il quadro delle problematiche; Cfr. Aamod (L’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico)